Robert Del Naja dei Massive Attack ha portato in tour un algoritmo per raccontare il XXI secolo

Mezzanine XXI tour chefare

Luca Sossella Editore, con Emilia Romagna Teatro Fondazione e Gruppo Unipol, ha ideato il progetto Oracoli. Saperi e pregiudizi ai tempi dell’Intelligenza Artificiale: una serie di azioni integrate dedicate all’emergenza delle tecnologie intelligenti e al loro impatto su tutti gli aspetti dell’esistenza umana.

La prima di queste azioni è l’organizzazione a Bologna di quattro lezioni-spettacolo in cui esperti di livello internazionale ragioneranno sulle più rilevanti questioni etiche, filosofiche, politiche, sociali ed economiche connesse allo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

La seconda di queste azioni è una pubblicazione, curata da Paolo Gervasi, scaricabile in pdf qui, che racconta il progetto e approfondisce la riflessione sui temi nodali.

La terza di queste azioni è una partnership con cheFare pensata per aumentare ed espandere online il dibattito sulle sfide culturali poste dall’intelligenza artificiale. Qui la serie.

La quarta azione è la produzione di video e di un libro sulle quattro lezioni-spettacolo.

La quinta azione sarà la messa in onda durante la Notte di Radio3, la sera prima di ogni lezione-spettacolo, della lezione-spettacolo precedente.

La sesta azione è la pubblicazione online delle trasmissioni sui portali di Rai Radio3 (Media partner di Oracoli), Rai Cultura e Rai Scuola e la condivisione attraverso i loro canali social.

Il 28 gennaio 2019, a Glasgow, ha avuto inizio il tour dei Massive Attack dedicato al XXI anniversario di Mezzanine, album importante non solo per l’unanime accoglienza positiva della critica e del mercato ma per ciò che nella stessa storia del gruppo rappresenta, ossia una frattura sia dolorosa (alcune decisioni portarono all’allontanamento, durante il tour del 1998, di Andrew Vowles) sia rischiosa nella volontà di prendere le distanze da quel “Bristol sound” che loro stessi avevano creato.

L’idea di base di Mezzanine XXI nasce da una riflessione, ossia cosa sia accaduto dal 1998 a oggi e in come le atmosfere cupe e innovative dello storico album abbiano poi realmente preso corpo nei successivi vent’anni.

Del Naja e Curtis Mezzanine XXI tour 2019 chefare

Adam Curtis e Robert Del Naja per il tour di Mezzanine XXI. Fotografia di Robert Del Naja, 2019

Un’attenta analisi di quelle sonorità prende forma attraverso la decostruzione di Mezzanine e una nuova veste visiva dell’esperienza live che si avvale di due componenti fondamentali: l’occhio giornalistico del regista britannico Adam Curtis – “un ottimista tra i distopici” come lui stesso ama definirsi [1] – e il suo sapiente uso degli archivi della BBC; le GANs (reti antagoniste generative) e il Deepfake (tecnica di sintesi dell’immagine umana basata sull’intelligenza artificiale) dell’artista tedesco Mario Klingemann, tra i pionieri dell’applicazione all’arte delle reti neurali artificiali.

Un prodotto coerente, narrativo, doloroso e consapevole, concentrato in un’ora e 40 minuti senza concessioni a greatest hits tratte da altri album, a ringraziamenti o ai consueti bis.

Ma procediamo con ordine e, soprattutto, mettendo da parte l’ansia da prestazione che la stesura di questo articolo causa sin dalla sua embrionale visione, per i temi trattati di cui ritengo ci siano ben altri esperti, per la personale storia che non può che far tornare indietro a quella sera del 1998 in cui per la prima volta assistetti a un loro concerto, appunto il tour di Mezzanine, all’interno dell’Air Terminal Ostiense, allora servizio aeroportuale in disuso e oggi sede romana di Eataly. 
Proprio di questo si tratta.
Di interrompere un loop nostalgico che si autoalimenta.

Non avrei mai creduto che un tale vivido ma amaro ricordo – perché degli anni novanta si tratta – potesse essere “decostruito” proprio dai Massive Attack, rompendo la trappola della nostalgia come una conversazione infinita con i “fantasmi della nostra vita”[2] grazie alla semplice ma alquanto scomoda verità che questo continuo riflesso del nostro passato sia da noi stessi rinforzato a ogni click.

Convinta che certe aritmie di luci e combinazioni di note dark divenute familiari avessero la potenza di quella involontaria memoria di cui Proust scrisse fosse l’essenza della vita, mi sono invece ritrovata, con enorme sorpresa e incredibile sollievo, a esperire tutt’altro e a ritrovarmi libera da quei fantasmi assiepati come parassiti. 
Parlare di “libertà” in questo contesto può essere però fuorviante, perché è proprio la promessa di una sua illimitata disponibilità, assieme alla convinzione di esprimere ogni giorno le nostre individualità, a impedire di vedere l’uso mistificatorio che ne viene fatto.

Mario Klingemann, Neural Glitch 1540742616, 2018

La prolifica collaborazione dei Massive Attack con artisti visivi, oltre che con altri musicisti, è sin troppo nota, anche perché di recente ha preso una piega dalle tinte gossip sulla possibilità che un notissimo artista ancora senza volto – di cui non dico il nome talmente sono stanca di leggerlo – sia in realtà uno dei due membri del gruppo, guarda caso quello che fa dell’arte visiva una delle sue tante passioni, ossia Robert Del Naja, coautore attivo di tutti i visual dei concerti.

Non solo questa discussione è inutile ma vuole distogliere l’attenzione da alcuni dati molto più interessanti. Per esempio, da qualche anno il duo ritiene molto più rilevante aderire a collaborazioni di ampio respiro, con forti implicazioni politiche come la collaborazione di Del Naja per l’opera di arte pubblica The Standing March del 2015 con l’artista francese JR e il regista Darren Aronofsky o con Tom Yorke per la colonna sonora di The UK Gold dello stesso anno.

Altro fatto interessante è scoprire come la band sia anche consapevole che il formato album non abbia quasi più senso e come non abbia voluto intraprendere un tour mondiale tributario della propria stessa storia se non spinta da motivazioni più serie.

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La decostruzione di Mezzanine è la realizzazione dal vivo di quei brani campionati nel 1998: I Found A Reason dei Velvet Underground; 10:15 Saturday Night dei Cure; Bela Lugosi’s Dead dei Bauhaus.

A queste si aggiunge una versione originale, adattata alla voce di Elisabeth Fraser che li accompagna nuovamente in questo tour (quasi più in forma che nel 1998), di Where Have All The Flowers Gone?, storica canzone folk pacifista di Pete Seeger e, in apertura all’ultimo brano, ossia Group Four, un minuto o poco più di Levels di Avicii.

La parte visiva, invece, si compone di diversi elementi: per alcuni brani le luci e gli schermi LED caratteristici dei precedenti concerti[4] sono stati studiati e reinterpretati mentre, per altri, ricerche sui nomi degli oppiacei prendono forma in estratti da controindicazioni, oltre che nei loghi di noti marchi farmaceutici; per Angel, cantata come sempre da Horace Andy, è stato utilizzato il codice DNA di Mezzanine[5] e, per Dissolved Girl, è stato fatto un montaggio di estratti video amatoriali trovati su YouTube che “suonano” e “performano” quel brano mentre l’anonima ma coraggiosa videoripresa selfie della “cantante” viene sdoganata dalla viralità invadendo lo spazio fisico dello show.

L’intero progetto è stato studiato con Adam Curtis con il quale i Massive Attack hanno già lavorato diverse volte. Magistrale è la collaborazione del 2013 per il Manchester International Festival.

In quel caso sonorizzarono dal vivo il film di Curtis Everything is Going According to Plan che venne proiettato su tre grandi schermi che immergevano lo spettatore nel tipico linguaggio del regista britannico, il quale cerca di narrare l’epoca in cui viviamo attraverso montaggi di filmati di archivio della BBC in una linearità non temporale ma connettiva in cui sembra di seguire “un treno di pensieri o una ricca conversazione tra amici”.
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Se in quell’esperienza la presenza sul palco dei Massive Attack era visibile quando il film si dissolveva al punto da farne intravedere le ombre dietro le proiezioni, in Mezzanine XXI la band è di fronte agli schermi ma, in momenti significativi, l’audio originale dei video emerge su quello suonato, rendendo evidente che stiamo assistendo a qualcosa di più che un concerto.

Questa integrazione ben riuscita ha implicato, quindi, un lavoro a stretto contatto con Curtis che, oltre agli iniziali video realizzati per questa occasione, ne ha poi aggiunto uno ad hoc per Where Have All The Flowers Gone? e selezionato, insieme a Del Naja, altre citazioni, frasi e brevi filmati per comporre un’armoniosa esperienza immersiva.

Poiché il linguaggio filmico di Curtis è assai riconoscibile, diviene quindi ancor più rilevante il momento in cui appare un’altra mano, quella dell’artista “neurografo” Mario Klingemann.

Mario Klingemann, 5571/79530 Self-Portraits, 2018

Sin da quando Google ha rilasciato il programma di visione artificiale Deep Dream, Klingemann ha approfondito il suo studio sulle reti neurali a cui era interessato sin dall’introduzione delle GANs, ossia una speciale classe di algoritmi di intelligenza artificiale che lavorano su due reti neurali, la prima di generazione delle immagini che vengono immesse, la seconda che vaglia quali siano simili alla realtà da quelle che invece ne sono lontane.

 

Mario Klingemann, Untitled from the Neural Decay Series, 2017

Questa fase è quella di apprendimento della macchina in base al materiale che le viene dato da studiare e giudicare. Se in Klingemann la metodologia di scelta di quale immagine selezionare per renderla autonoma e ammissibile al mondo dell’arte ha molto a che fare con la tecnica del frottage di Max Ernst e, quindi, con un’abilità del tutto umana di riuscire a riconoscere e a trovare senso anche in forme astratte (capacità cara anche a Leonardo) il risultato spesso lo fa avvicinare alla versione artificiale della pittura di Francis Bacon, soprattutto quando utilizza volti e corpi.

Mario Klingemann, The Butcher’s Son, opera vincitrice del Lumen Prize Gold 2018

Poiché Klingemann non è affatto interessato alla realizzazione di un fake ma piuttosto a rimanere nel territorio di mezzo che ancora permette all’occhio umano di riconoscere quell’immagine come artefatta, ecco che la denuncia sulla pericolosità di tale mezzo nelle mani mediatiche sbagliate diviene forte.

Adam Curtis e Robert Del Naja per il tour di Mezzanine XXI. Fotografia di Robert Del Naja, 2019

Chiamato dai Massive Attack a collaborare al tour, Klingemann ha “addestrato” GANs specificatamente per questo scopo attraverso suo materiale e altro fornito direttamente dal duo musicale. Il risultato si trova nel brano Inertia Creeps dove il volto disturbante che si allarga, deforma e si adagia su altri corpi (come su quello di Britney Spears) è il ben riconoscibile Donald Trump i cui tratti sembrano combaciare perfettamente con quelli di Vladimir Putin, entrambi protagonisti indiscussi di Mezzanine XXI come della parte finale del film HyperNormalisation di Adam Curtis, del 2016.

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In un’epoca in cui si assiste a un bizzarro teatrino tra politici e giornalisti, in cui tutti mirano unicamente a mantenere uno strano e perturbante sistema in vita e in cui i responsabili “sanno che noi sappiamo che non sanno cosa stanno facendo”[8] si è completamente privi di dinamismo temporale. “If you liked that, you will love this” è una frase che non solo campeggia sul palco dei Massive Attack ma che leggiamo spesso nelle nostre mail o sui consigli online derivati dalle nostre ricerche.

Siamo completamente vittime di una macchina che sa tutto quello che sino a ieri abbiamo scelto e che quindi predice il nostro futuro esclusivamente in base a tante ripetizioni del nostro passato.

D’altronde ELIZA – tra i primi chatbot, nato all’interno del MIT e che prende a modello la psicoterapia Rogersiana – provò questo negli anni Sessanta: la risposta con riformulazione da parte del computer delle nostre domande determina un senso di sollievo, perché ci si sente immuni da giudizi e da reazioni troppo emotive.

Questa forma di “calmante” però ha assunto proporzioni tali da farci sentire in trappola, perché sappiamo, come tutti, che quello che ci viene proposto, in fondo, è solamente la risposta alle nostre ricerche e che la manipolazione dei nostri gusti o stati d’animo è sempre online, anche nel sonno.
  In assenza di linea narrativa e immaginifica, all’interno del nostro passato, l’unica possibilità è analizzare quanto è accaduto e ammettere che ci sentiamo persi. Solo nella perdita, come sottolinea Curtis, è possibile far affiorare nuovamente delle idee.


Guarda Alternative Face di Mario Klingemann


[1] The antidote to civilisational collapse. An interview with the documentary filmmaker Adam Curtis in “The Economist”, 06/12/2018, https://www.economist.com/open-future/2018/12/06/the-antidote-to-civilisational-collapse

[2] Mark Fisher, Ghosts Of My Life. Writings on Depression, Hauntology and Lost Futures, Zero Books, 2014. La citazione non si riferisce al solo titolo ma all’intero saggio di cui si suggerisce vivamente la lettura, qualora interessati.

[3] Alessandro Zaghi, Stiamo vivendo nel futuro nero di Mezzanine. Intervista a Robert Del Naja in “Rolling Stone”, 06/02/2019, https://www.rollingstone.it/musica/interviste-musica/massive-attack-mezzanine-robert-del-naja-intervista/444327/

[4] Realizzati insieme al collettivo di artisti britannici United Visual Artists. 
Importante è rilevare la realizzazione della scultura interattiva Volume del 2006, frutto della collaborazione di UVA, Robert Del Naja e Neil Davidge, installata per la prima volta nel cortile del Victoria & Albert Museum di Londra.

[5] Nell’anniversario dei 20 anni di Mezzanine, nel 2018, il DNA dell’album è stato archiviato in una bomboletta spray.

[6] The antidote to civilisational collapse. An interview with the documentary filmmaker Adam Curtis, op. cit.

[7] Hypernormalisation è una parola coniata dall’antropologo Alexei Yurchak in riferimento al paradosso in cui si viveva in Unione Sovietica negli anni Ottanta, in cui si era coscienti della situazione ma si era impossibilitati a pensare a un’alternativa per cui si finì per accettare un senso di falsità totale come normale. Adam Curtis nel suo film del 2016 fa un parallelo con quella situazione socio-politica e il sentire moderno.

[8] The antidote to civilisational collapse. An interview with the documentary filmmaker Adam Curtis, op. cit.


Immagine di copertina:

Adam Curtis e Robert Del Naja per il tour di Mezzanine XXI. Fotografia di Robert Del Naja, 2019. Particolare.