La religione del dataismo affida l’autorità ad algoritmi e big data

Nella storia del pensiero, al di là dei momenti di discussione accademica e di riflessione che hanno segnato lo sviluppo della filosofia, di fatto si è assistito al ricorso a diverse forme di autorità per sintetizzare dei criteri che fondassero e orientassero le scelte delle persone.

Per migliaia di anni gli esseri umani hanno indicato l’autorità come venuta e consegnata agli uomini dagli dei.

Poi, durante l’epoca moderna, l’umanesimo ha gradualmente spostato l’autorità dalle divinità alla persona. Jean-Jacques Rousseau nel 1762 ha riassunto questa rivoluzione nell’Émile, il suo trattato sull’educazione. Quando Rousseau parla della ricerca di regole di condotta nella vita dice di averle trovate “nel profondo del mio cuore, tracciate dalla natura in caratteri che nulla può cancellare.

Sembrerebbe che i nuovi guru dell’high-tech e i profeti della Silicon Valley stiano creando una nuova narrazione universale che legittima una nuova fonte di autorità

Ho bisogno solo di consultare me stesso per quanto riguarda ciò che desidero fare; quello che sento di essere buono è buono, quello che sento di essere cattivo è cattivo”.

I pensatori umanisti come Rousseau produssero una trasformazione del principio di autorità, convincendoci che non gli dei ma i nostri sentimenti e desideri sono la fonte ultima di significato e che la nostra volontà è, dunque, la più alta fonte di autorità.

Ora, in questa epoca di insorgenza di intelligenze artificiali, una nuova rivoluzione nel principio di autorità e nella comprensione di quali siano le fonti autorevoli sta per avvenire. Se nell’antica Grecia le fonti autorevoli erano gli oracoli, legittimati da mitologie e credenze, a partire dall’umanesimo l’autorità umana è stata legittimata da ideologie umanistiche.

I fautori del dataismo percepiscono l’intero universo come un flusso di dati e credono che esista una vocazione cosmica per l’umanità

Sembrerebbe che i nuovi guru dell’high-tech e i profeti della Silicon Valley stiano creando una nuova narrazione universale che legittima una nuova fonte di autorità: gli algoritmi di intelligenza artificiale e i Big data.

Questo nuovo romanzo, questa nuova fondazione religiosa, questa mitologia del XXI secolo vorrei chiamarla, ispirato da alcuni pensatori come Harari, dataismo (datismo in Yuval Noah Harari, Homo deus. Breve storia del futuro, trad. di Marco Piani, Giunti Editore S.p.A./Bompiani, 2017, ndr.).

Nella sua forma estrema i fautori di questa visione del mondo dataista percepiscono l’intero universo come un flusso di dati, vedono gli organismi viventi come poco più di algoritmi biochimici e credono che esista una vocazione cosmica per l’umanità: creare un sistema di elaborazione dati onnicomprensivo e poi, nell’eschaton del cosmo, fondersi in esso.

Stiamo diventando minuscoli chip all’interno di un sistema gigante che nessuno capisce davvero fino in fondo

Stiamo diventando minuscoli chip all’interno di un sistema gigante che, sempre più guidato e sviluppato dalle intelligenze artificiali, nessuno capisce davvero fino in fondo. Ogni giorno assorbiamo innumerevoli bit di dati tramite e-mail, telefonate e articoli.

Con il mio pensiero non faccio altro che elaborare dati e trasmettere indietro, nel grande flusso cosmico, nuovi bit attraverso altre e-mail, telefonate e articoli.

In realtà non sappiamo dove questi “nostri” dati s’inseriscano nel grande schema delle cose o come i nostri bit di dati si colleghino con i bit prodotti da miliardi di altri esseri umani e dai milioni di computer. Semplicemente siamo troppo occupati a rispondere alle e-mail.

Interrompere questo processo è una cosa che provocherebbe un collasso economico e sociale, e nessuno lo vuole

Questo flusso di dati incessante però è quello che produce le scintille da cui emergono senza sosta nuove invenzioni.

Interrompere questo processo è una cosa che provocherebbe un collasso economico e sociale, e nessuno lo vuole: aderiamo a questa visione del mondo e affidiamo ai dati una sempre maggiore fonte di autorità sulla nostra vita.

Ma in realtà, a essere onesti, nessuno ha bisogno di capire. Tutto quello che dobbiamo fare è interagire con le macchine-oracolo più velocemente.

l’idea di “libero arbitrio” è in pericolo

Proprio come i capitalisti del libero mercato credono nella mano invisibile del mercato stesso, gli adepti della religione dataista credono nella mano invisibile del flusso di dati.

Come il sistema di elaborazione dati globale diventa onnisciente e onnipotente, così la connessione al sistema diventa la fonte di ogni significato. Il comandamento fondamentale di questo nuovo credo dice: “Se si verifica qualcosa – registralo. Se si registra qualcosa – caricalo. Se si carica qualcosa – condividila”.

Oggi l’umanesimo è di fronte a una sfida esistenziale e l’idea di “libero arbitrio” è in pericolo. Le conoscenze neuroscientifiche suggeriscono che i nostri sentimenti non sono una qualità spirituale unicamente umana.

Piuttosto, sono meccanismi biochimici che tutti i mammiferi e gli uccelli utilizzano per prendere decisioni calcolando rapidamente probabilità di sopravvivenza e di riproduzione: anche i sentimenti sono compresi e interpretati come algoritmi!

Il dataismo è la religione perfetta per gli studiosi e gli intellettuali: promette di fornire un Santo Graal scientifico

Se portiamo questo processo alla sua logica conclusione dovremmo dare agli algoritmi artificiali l’autorità di prendere le decisioni più importanti della nostra vita, come oggi decidiamo in forza dell’autorità che diamo ai nostri sentimenti e vissuti.

Nel mondo classico della Grecia e di Roma, i sacerdoti degli oracoli e i genitori avevano il potere di scegliere il partner per le persone. Nelle società umaniste diamo questa autorità ai nostri sentimenti. In una società dataista chiederemo al nostro assistente digitale di scegliere. “Hallo Marvin”, diremo, attivando il sistema di intelligenza artificiale che chiamerò per nome come una persona. “Sia Giovanna che Maria mi corteggiano. Mi piacciono entrambe, ma in un modo diverso, ed è così difficile decidere. Dato tutto quello che sai dei miei dati, che cosa mi consigli di fare?”.

E l’AI risponderà: “Beh, io ti conosco dal giorno in cui sei nato. Ho letto tutti i vostri messaggi di posta elettronica, ho registrato tutte le chiamate telefoniche, e conosco i tuoi film preferiti, il tuo DNA e l’intera storia biometrica del tuo cuore.

Tutto quello che dobbiamo fare è interagire con le macchine-oracolo più velocemente

Ho i dati esatti su ogni appuntamento e posso mostrarti secondo per secondo i grafici dei livelli di frequenza cardiaca, pressione sanguigna e zuccheri per ogni appuntamento cha hai avuto con Giovanna e Maria. E, naturalmente, li conosco così come conosco te. Sulla base di tutte queste informazioni, sui miei algoritmi superbi e grazie a statistiche di milioni di rapporti negli ultimi decenni, ti consiglio di scegliere Giovanna: hai una probabilità dell’87% di essere più soddisfatto di lei nel lungo periodo”.

Il dataismo è la religione perfetta per gli studiosi e gli intellettuali: promette di fornire un Santo Graal scientifico che ci è sfuggito da secoli: una singola teoria globale che unifica tutte le discipline scientifiche, dalla musicologia, passando attraverso l’economia, fino alla biologia.

Secondo il dataismo la Quinta sinfonia di Beethoven, una bolla speculativa in borsa e il virus dell’influenza sono solo tre modelli di flusso di dati che possono essere analizzati con gli stessi concetti e strumenti di base.

Questa idea è estremamente attraente e dà a tutti gli scienziati un linguaggio comune per costruisce ponti che superino le spaccature accademiche e le fratture interdisciplinari, essendo facile esportare le scoperte dataiste oltre i confini delle specifiche conoscenze.


Pubblichiamo un estreatto da Oracoli. Tra algoretica e algocrazia di Paolo Benanti (Luca Sossella editore)

Immagine di copertina: ph. Alex Iby da Unsplash