La filosofia nell’era del mondo digitale: tra realtà reale e realtà mediale

Se si osserva la transizione verso il Ventunesimo secolo, si nota subito che in essa non si trova una “coscienza della crisi” simile a quella che aveva tormentato gli intellettuali della prima parte del Ventesimo secolo. Ad essere determinante è, piuttosto, lo sviluppo tecnologico di media quali il PC, l’iPod, l’iPhone ecc. ecc., che hanno fatto della televisione uno strumento obsoleto.

In uno sguardo retrospettivo, si può parlare di una transizione fluida ma che viene di certo percepita come un passaggio verso una nuova era: l’era del mondo digitale che trova sostegno nell’interazione tra realtà “reale” e realtà mediale. Da un punto di vista logico, si tratta di un collegamento a posteriori di genere positivo tra le forme espressive di autopresentazione.

In letteratura la digitalizzazione conduce al disgregarsi delle grandi narrazioni in piccole storie, espressioni soggettive di sentimenti individuali ed estatici.

Pubblichiamo un estratto da Fenomenologia ed Espressionismo di Ferdinand Fellmann pubblicato da InSchibboleth, traduzione italiana di Daniele Nuccilli

La messa in parola di una simile eccentricità è ciò che costituisce il fascino di nuovi testi e nuovi generi letterari. Essa ha favorito il profilarsi della letteratura come medium dell’individualismo. L’immaginazione irrompe sullo sfondo come presupposto e fonte d’energia per i testi della Leidenschaft.

Nell’immaginazione si formano le immagini più dense e più personali, non ancora normalizzate dal filtro della concettualità; immagini che sono legate con immediatezza peculiare alle reazioni corporee, che scaturiscono dalle nostre passioni [Leidenschaften] e che possono ripercuotersi su di esse. Per poter essere riportate in forma testuale, tali immagini dell’immaginazione devono essere rese universalmente comunicabili attraverso creazioni linguistiche.

Le parole possono sempre rimandare alla personale immaginazione dell’autore, ma danno immediatamente origine alle più personali rappresentazioni del lettore. I testi letterari conducono sempre a una spinta all’individuazione e producono una simile spinta senza, tuttavia, essere essi stessi raffigurazioni oggettive di individualità.

La frantumazione della realtà ha perso in drammaticità

Lovis Corinth, le cui opere tarde furono fortemente espressioniste, annotò: «Esercitare l’irreale – la cosa più alta». Con ciò egli ha stabilito la linea evolutiva dell’arte figurativa fino a oggi.

Tuttavia, la frantumazione della realtà ha perso in drammaticità. All’inizio del Ventesimo secolo gli espressionisti diedero voce alla profondità originaria dell’anima. Più tardi l’espressione è divenuta un mero orpello visivo, qualcosa che può essere adoperato con leggerezza.

È evidente nell’arte la tendenza al design e alla decorazione. Si potrebbe parlare di un ritorno all’ornamento, di cui Adolf Loos – all’interno dell’espressionismo viennese – aveva sancito nel 1910 la scomparsa.

Ciò che riguarda l’arte si riflette nel modo di presentarsi degli uomini nella vita di tutti i giorni. L’outfit individuale assume spesso forme estreme. Guardando oggi i passanti per strada vengono spesso in mente i personaggi della commedia dell’arte.

Anche la filosofia si è accomiatata definitivamente dalla profondità originaria della fondazione ultima.

La risoluzione della realtà sostanziale non conduce più, come nella riduzione fenomenologica di Husserl, all’intuizione d’essenza; essa rimane, piuttosto, vincolata all’esperienza di tutti i giorni.

Nella descrizione del mondo della vita si mescolano volontà e rappresentazione, mondo interiore e mondo esteriore. In questo modo il concetto post-espressionistico di realtà è completamente integrato nella riflessione filosofica.

Il mondo come «contesto in sé concorde» degli opposti non viene più esteriormente tenuto assieme da un punto archimedeo, ma, piuttosto, si costituisce medialmente nella forma della descrizione.

La filosofia si è accomiatata definitivamente dalla profondità originaria della fondazione ultima

Il nuovo concetto di realtà non permette più a un pensiero dominante di concepire la filosofia come scienza «rigorosa» o «fondamentale», come faceva Husserl.

Il posto della filosofia è stato occupato dalle scienze della cultura. I filosofi si sono trasformati in filosofi-poeti, come viene chiaramente spiegato da David Precht, il quale, nel suo libro Wer bin ich – und wenn ja, wie viele?, descrive in termini espressionistici la problematica dell’identità individuale.

Altri pensatori-divulgatori con un’impronta fortemente fenomenologica, come Sloterdijk e Wilhelm Schmid, sono diventati i guru della cultura da bestseller.

La digitalizzazione è divenuta frattanto una sfida socialmente globale che richiede un progetto politico. All’interno della globalizzazione culturale si cerca, seguendo accomodanti forme di pensiero, di impedire un conflitto delle culture.

Considerando questo impegno, acquisiscono un’insospettabile attualità le trattazioni presenti nella Krisis di Husserl degli anni Trenta.

Husserl riconosce il fatto che ogni cultura sviluppa proprie forme espressive, ma ritiene transculturale la forma spirituale dell’Europa, e in questo si avvicina all’espressionismo:

Questo fatto può essere rilevato proprio nella nostra Europa. L’appartenenza all’Europa è qualcosa di estremamente peculiare, qualcosa di sensibile anche per gli altri gruppi umani i quali, nella costante volontà della preservazione spirituale e a prescindere dal calcolo dell’utilità, possono sentirsi indotti al tentativo di europeizzarsi. Noi invece, se siamo consci di noi stessi, ben difficilmente cercheremo di diventare indiani.

Tutto ciò suona come eurocentrico, e lo è. Il modo fenomenologico di comprendere il mondo a partire dall’intenzionalità della coscienza travalica i rapporti storici.

Husserl ha in mente un telos insito nello spirito europeo che trova le sue origini nel logos greco. Ciò è in sintonia con la visione del mondo della borghesia colta tedesca.

È innegabile che al posto dell’etica normativa sia subentrata l’arte del vivere individuale

In seguito il poeta Gottfried Benn avrebbe smascherato l’illusione del logocentrismo e della realtà a esso corrispondente, da lui definita come un «demoniaco concetto europeo».

Il concetto di realtà si è oggi liberato dal suo demone, ma la forma di pensiero della «realizzazione derealizzante [entwirklichende Realisierung]» è rimasta.

In riferimento ai valori culturali è innegabile che al posto dell’etica normativa sia subentrata l’arte del vivere individuale. Husserl comprendeva ancora l’elemento morale, di cui le scelte valide contengono il «marchio dell’eternità», come compito della scienza filosofica; ma questo marchio è da lungo tempo scolorito.

Già gli espressionisti avevano equiparato etica ed estetica e portato così a dissoluzione la categoricità dell’imperativo morale. Questa tendenza plasmò il sentimento vitale post-espressivo dell’epoca, il quale potrebbe essere definito «lieto fatalismo».

Nel 1935 Husserl ha rassegnatamente annotato: «La filosofia come scienza, come una scienza seria, rigorosa, anzi apodittica – il sogno è finito». Su questo aveva di certo ragione. Ma non è svanito il sogno della fenomenologia come teoria del mondo della vita. La stessa cosa vale per l’espressionismo.

Negli anni Trenta esso fu soppiantato da nuove correnti stilistiche, come la nuova oggettività, ma è sopravvissuto come teoria dell’individualismo espressivo. Dunque, fenomenologia ed espressionismo vivono ancora nel sentimento vitale del nostro tempo, sempre di nuovo, senza fine.