Luce d’agosto: la fine di qualcosa, nelle foto del giovane Marouane Khalfadir

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La segheria di Horton Bay ha smesso l’attività. Niente più rumore delle seghe che tagliano il legno. Niente più andirivieni di battelli sul lago. Gli ultimi hanno portato via le assi rimaste e poi i macchinari, idealmente strappando anche la vita al paesino che il mulino della segheria aveva contribuito ad animare. È in questo scenario d’abbandono che Hemingway narra la storia della fine di un amore. Il racconto, intitolato La fine di qualcosa e pubblicato nella celebre raccolta de I quarantanove racconti, si sviluppa in poco più di una manciata di pagine. Lo stile è quello asciutto caratteristico dell’autore americano. E l’atmosfera lo fa rassomigliare alle short stories di Carver, dove sembra non succedere niente e invece, appena chiuso il libro, t’investe vivida la sensazione di essere entrato in una stanza subito dopo un momento cruciale, perdendolo per un soffio — o esserne uscito subito prima —, tanto che ne hai già (o ancora) il sapore in bocca.