Infermieri di comunità: relazione e prevenzione

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Francesca Nigro ha 27 anni e per lavorare come “infermiera di comunità” in Alta Val Trebbia ha rinunciato a un contratto a tempo indeterminato presso una struttura privata. È nata nella provincia di Imperia, e ha scelto di tornare nel territorio dell’ASL 3 genovese, dove già aveva svolto il suo tirocinio.

Francesco Polli, che lavora con lei, di anni ne ha 26. Arriva da Firenze, e dopo essersi laureato nel 2014 in Infermieristica ha fatto di tutto, quasi sempre da precario, sia in ambito sanitario che come commesso o guardiano notturno. Del suo lavoro sulle montagne genovesi, iniziato nel luglio dello scorso anno, dice: “Penso che questo tipo di servizio sia l’unica possibilità per la sanità italiana, e che accentrare tutti i servizi nelle strutture ospedaliere finirebbe col limitare l’accesso alle cure”. Alcuni Comuni e frazioni isolate dell’Alta Val Trebbia distano anche settanta chilometri dall’ospedale più vicino, a Genova.

Francesca e Francesco hanno vinto una borsa di Regione Liguria, che nell’ambito del programma europeo Alpine Space sta realizzando il progetto CoNSENSo (COmmunity Nurse Supporting Elderly iN a changing SOciety), ed ha avviato una sperimentazione biennale per misurare l’efficacia dell’infermiere di comunità su un parametro fondamentale: permettere agli anziani, cioè agli over 65, di restare al loro domicilio, prestando attenzione non solo ai malati (ad esempio a coloro che soffrono di patologie croniche, come l’ipertensione, la più diffusa nell’area d’intervento) ma anche ai sani.

“Le nostre sono in larga parte azioni di prevenzione, che nascono da un grosso lavoro di relazione” spiega Antonella Fretto: è un’infermiera dell’ASL genovese e coordina le attività dei due borsisti.

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Tutti e tre fanno base a Torriglia, il Comune a quasi 800 metri d’altezza, sede del Parco regionale dell’Antola, che è la porta dell’Alta Val Trebbia. Formalmente, siamo nell’area della città metropolitana di Genova. Tecnicamente, dalla periferia della città -l’uscita Genova Est dell’autostrada, l’ingresso del cimitero monumentale di Staglieno- per raggiungere il paese bisogna guidare per 30 chilometri lungo la SS 45, seguendo le indicazione per Piacenza.

Dopo tre quarti d’ora di curve si può parcheggiare l’auto, ma gli infermieri di comunità -che lavorano anche a Rovegno, Rondanina, Propata, Montebruno, Gorreto, Fontanigorda, Fascia- raccontano di percorrere fino a 110 chilometri al giorno.

“Raggiungiamo tutti -spiega Antonella Fretto-: il nostro lavoro non inizia ‘su richiesta’. Entriamo nelle case per scattare una fotografia della popolazione di over 65, che nei Comuni oggetto della sperimentazione è pari ad un migliaio di persone. All’inizio molti erano titubanti, c’era diffidenza per una figura così nuova. In molte comunità è stato per noi fondamentale un riconoscimento da parte dei leader naturali, come il sindaco, e questo ci ha aperto le porte”.

Un lavoro di relazione, quindi, che punta alla prevenzione. La prima visita dura un’ora e mezzo, e prevede anche la somministrazione di un questionario che descrive lo stato dell’individuo, che non tiene conto solo della condizione fisica attuale e passata ma anche del rapporto con i farmaci (“la non aderenza alla terapia, ovvero l’incapacità di gestire bene l’assunzione di farmaci, è tra le prime cause di ingresso nei pronto soccorso per gli anziani affetti da patologie croniche” spiega Francesco Polli) e delle sue relazioni sociali. “A differenza delle altre aree in cui si sta realizzando il progetto CoNSENSo (sono la Val Maira in Piemonte, e poi alcune località della Provenza in Francia, della Carinzia in Austria e in Slovenia, ndr), sperimentando la figura dell’infermiere di comunità, in Alta Val Trebbia abbiamo riscontrato una minore incidenza di depressione e di persone che si sentono sole” racconta Antonella Fretto.

L’infermiere di comunità ricerca ed analizza questi dati perché il suo è un ruolo non prettamente sanitario. Le “visite” servono ad “osservare la persona a 360°, ed a costruire un dialogo con queste persone anziane, molte delle quali nella vita hanno conosciuto solo il lavoro, e non vanno dal medico di base -dice Francesco Polli-: la nostra risorsa più preziosa è il tempo, che dedichiamo loro”.

Un tempo che serve anche a creare comunità, ad esempio quella dei camminatori, che due volte a settimana percorrono insieme un anello di 6 chilometri, facendo esercizi fisici. “Ci si ritrova a Montebruno, e vengono anche dagli altri Comuni. Hanno iniziato in quattro, oggi ci sono sempre almeno 15 persone” racconta Francesca Nigro.

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Elice Bacci è un funzionario di Regione Liguria. Lavora per il Settore sviluppo strategico del tessuto produttivo e dell’economia ligure, ed ha curato la stesura del progetto CoNSENSo: “L’obiettivo è quello di garantire maggior benessere e conforto agli over 65 che vivono nei Comuni oggetto della sperimentazione, ma anche a ridurre in via prospettica la spesa sanitaria: questa evidenza per il momento non ce l’abbiamo, perché i ritorni in termine di una riduzione del tasso di ospedalizzazione hanno tempi più lunghi, ma stiamo predisponendo meccanismi di valutazione quantitativa e qualitativa della sperimentazione in corso. Realizzeremo delle interviste mirate ai soggetti coinvolti, per verificare su alcuni punti specifici che cosa è migliorato, il livello di soddisfazione”.

La sperimentazione in corso terminerà a dicembre 2017. Nel biennio successivo, però, le attività continueranno nell’ambito della Strategia Nazionale Aree Interne. “La Strategia per l’area dell’Antola-Tigullio ha deciso di rafforzare la sperimentazione in atto prevedendo una estensione biennale dell’attività ed un allargamento a 16 Comuni, comprendendo quelli delle valli dell’Antola e del Tigullio -spiega Giovanni Carrosio, uno dei membri del Comitato Tecnico Aree Interne, che ha seguito l’elaborazione del documento – In questo modo sarà possibile raccogliere dati più significativi sull’incidenza che l’introduzione della figura dell’infermiere di comunità avrà sulla riduzione del tasso di ospedalizzazione evitabile.

Il monitoraggio dei risultati attesi raggiunti o meno attraverso le risorse della legge di stabilità (quelle che nell’ambito della SNAI sono a disposizione per la riorganizzazione dei servizi di cittadinanza: scuola, salute e mobilità) è importante, perché è la condizione per fare sì che le risorse investite nella fase di sperimentazione diventino risorse ordinarie e permanenti sul territorio. Ciò significa che se l’azione degli infermieri di comunità, che al momento è prevista per un arco temporale limitato, porterà ai risultati sperati, diventerà azione permanente e politica sanitaria in questi Comuni”. L’investimento previsto, con fondi stanziati dalla legge di Stabilità nell’ambito della SNAI, è pari a circa 155mila euro.