Pianpicollo Selvatico, storia di una residenza di lungo periodo fra arte e scienza

pianpicollo

Pianpicollo Research Residency” un programma di residenza artistica di lungo periodo ha invitato per la sua prima edizione Maurizio Cilli. A pochi giorni dalla restituzione finale del suo lavoro: l’oro di Pianpicollo Selvatico prevista per il 29 settembre 2018, abbiamo chiesto all’artista il racconto della sua esperienza di ricerca.


In quel tratto della Val Bormida ci si arriva scollinando da Gorzegno o da Camerana Villa, la mia preferita. Si attraversa l’alveo del fiume e si percorre il fondo valle verso Acqui che unisce Millesimo a Cortemilia. Viaggiando si ha l’impressione di andare in direzione del mare, di essergli vicino, di fatto, in linea d’aria la riva della fortezza di Priamar non è lontana. La strada, invece, piega verso Monesiglio e da lì, poco oltre, si deve risalire sino ad una prima cresta che unisce Prunetto a Levice. A metà strada una piccola svolta, immersa, in un bosco inspiegabile di conifere è il segnale: Pianpicollo Selvatico è lì oltre quell’ultimo strappo. La mia prima volta è stata durante l’estate del 2017.

I.
Oltre quella cresta più alta si apre alla vista l’incanto di un luogo unico. Adagiata in lunghezza poco sotto c’è la Casa di pietre, bellissima, circondata da boschi profondi prima che i prati dell’altopiano si aprano.

Continuavo a pensare di avere il mare davanti a me.

Alice preferì assegnarmi una camera al primo piano sulla testa della manica lunga. Una camera molto accogliente, quadrata, con tre finestre e un bagno. Mi disse: “in attesa di sistemarti sotto, nello studio, usa questa, starai più comodo”.
Il mattino seguente mi svegliai poco dopo l’alba, con il sole negli occhi che entrava dalla finestra alla sinistra del letto, non ci feci caso.

Continuavo a pensare di avere il mare davanti a me.

La prima passeggiata la feci quel pomeriggio, Alice, Raffaella e Andrea vollero mostrarmi il sentiero che costeggia l’altopiano, mi portarono a vedere una casa poco distante, più piccola, abbandonata, abbracciata da una conca naturale, rinforzata dall’uomo con un lungo muro circolare di pietre a secco. Nel prato scosceso verso la casa alcuni alberi isolati sotto uno dei quali vidi la piccola edicola in muratura. Al ritorno risalimmo la cresta sull’altro lato dell’altopiano, il cielo era basso, si era alzato il vento. Giunti in alto mi spiegarono che era vento dal mare, il Marino, non capii, “sì il mare è da quella parte, lì c’è il mare e alla tua destra le Alpi liguri, e poi guarda quello è il Monviso”.

Chiesi il nome di quel punto preciso, “Bric delle Forche”, mi spiegarono, uno dei punti più alti. Solo in quel preciso momento, abbracciato con lo sguardo tutto il paesaggio lontano sino alla valle Uzzone cominciai a orientarmi. Pianpicollo Selvatico ha il mare quasi alle spalle.

Carta storica conservata all’Archivio dell’Istituto Geografico Militare di Firenze, 1780 ca

II.
La mia residenza ufficiale iniziò il 30 settembre, si fece una festa, si accese il forno per cuocere le pizze di farina Langut. Cucinai per tutto il pomeriggio un pentolone di crema di zucca. Quella sera conobbi per la prima volta i Negro, i Francone, Verena, Mario, Nora e Livio, la famiglia di svizzeri che abitano “La Barca”, la famiglia di Elia, gente di Levice e di Prunetto. Parlai con alcuni di loro, mi chiesero che cosa avrei fatto lì, non sapevo cosa rispondere, feci semplice conversazione e mi parlarono tutta la sera della siccità e del flagello delle cimici asiatiche.

III.
Oltre l’altopiano, verso l’Uzzone, il terreno scende repentinamente verso un orrido di boschi, a mezza costa sul versante rivolto a est ci sono le altre case, “Rochi Tochi (la casa di Osvaldo)”, abbandonata poco sotto le tre pale eoliche che non girano, la cascina “La Barca”, il b&b degli svizzeri. Proseguendo verso il basso, superata una teoria di terrazzamenti, c’è la casa dei Negro, Pianpicollo Domestico, una grande cascina ormai quasi disabitata dove hanno vissuto Gepino e sua moglie Anita, ora lei vive in una casa a Cortemilia. A Pianpicollo Domestico è nato Franco, loro figlio, agricoltore a mezzo sevizio che negli spazi rubati al suo primo lavoro continua a occuparsi da solo dei coltivi. Poi c’è “Chinrò” un piccolo nucleo incastonato su uno sperone, quattro case di pietra abbandonate nelle quali ti immagini possano vivere felicemente “Les Schtroumpfs” di Pierre Culliford.

In un avvallamento più in basso c’è Valdame, altro borgo incantato, completamente disabitato e avvolto dalla vegetazione. Alcune delle case di pietra sono diventate un tutt’uno con gli alberi in un intreccio di rami e travature dei tetti. Lì nella radura scoscesa c’è una chiesa dedicata a santa Lucia, ci andai con Alice e Ghianda, il suo cane, per la prima volta verso la fine dell’autunno, c’era una luce morbida, i colori del bosco intensi, dai gialli d’ambra ai rossi ramati, alternati da cento gradazioni di verde. Fui confortato dal sapere che ogni anno il 13 dicembre, nel giorno della santa è tradizione ritrovarsi nella chiesa e poi in processione raggiungere una delle case e banchettare.

Rimasi talmente affascinato che decisi che quello sarebbe stato un ottimo luogo dove riunire nuovamente tutta la comunità.

Radura di Valdame, la chiesa di santa Lucia

IV.
L’inverno scorso fu rigido, preparai delle cartine mute di tutta la regione “santa Lucia” da oltre l’altopiano sin verso Valdame e molto oltre verso l’Uzzone. L’avrei consegnate a ciascuno chiedendo di tracciare successivamente i loro cammini, i luoghi preferiti e i toponimi con i quali li riconoscono, anche quelli nuovi. Purtroppo la processione di Santa Lucia non si fece, una grande nevicata e la ghiacciata di pochi giorni prima rese impraticabili le strade e impedì la festa.

Ci rimasi molto male, la mia intenzione di raccogliere tracce sulle cartine non ebbe seguito, con disappunto dovetti cambiare idea. La natura decise per suo conto come sarebbero dovute andare le cose.

V.
Durante il mio soggiorno natalizio abitai la Casa per diversi giorni, Alice ebbe molti ospiti, tra i quali i suoi amici coreani-americani, Kyung, Paul e il bimbo Jones intenzionati a recuperare una delle case abbandonate lì intorno.

In quei giorni feci lunghissime passeggiate e un pomeriggio sostai a lungo a “Vitalba Deck” una serie di pedane, variamente orientate, costruite con assi di castagno in parte recuperati durante il cantiere dai pavimenti e dalle travature della vecchia casa trasformata dalle cure preziose di Alice. Un’installazione permanente, un dispositivo per abitare il luogo creato da Caretto | Spagna per sostare, leggere e osservare il paesaggio ai piedi di una piccola collina, (che ospita il “Forest Garden” di Vincenzo Guarnieri). Una parte di “Vitalba Deck” fu costruita con un gruppo di studenti del Politecnico di Torno nel corso di un laboratorio di autocostruzione tenutosi l’anno precedente. Fra le pedane e le sedute, Raffaella e Andrea raccolsero nel tempo una cospicua collezione di pietre di arenaria levigata dalle forme stranissime, affiorate e raccolte nel corso degli anni durante il cantiere della Casa. Vidi altre pietre, ogni casa ne aveva sparse nei cortili e nei giardini.

Compresi le ragioni per cui la pietra arenaria può essere considerata una delle cifre dell’antropizzazione del territorio di Langa. Qui l’uomo con la pietra ha modellato i terrazzamenti dei terreni scoscesi, ha costruito le sue case e ogni forma di rifugio, affinando nel tempo la tecnica costruttiva delle murate a secco. La Pietra qui è uno dei frutti più preziosi che la terra offre, le pietre si incontrano camminando lungo i sentieri, affiorano, hanno forme evocative e misteriose. Le pietre di Langa sono una delle chiavi simboliche attraverso le quali è possibile interpretare la Cultura Materiale di questo territorio.

VI.
La notte di san Silvestro Pianpicollo Selvatico ospitò la cena per salutare il nuovo anno, ci furono giorni di preparazione, cucinai tantissimo e con piacere, la festa avrebbe accolto 24 invitati, ebbi forse per la prima volta la sensazione di essere a Casa.
Durante quelle serate a cavallo dell’ultimo dell’anno parlammo sino a tardi, mi colpirono le storie sui rabdomanti che i mesi prima furono coinvolti nel tentativo di trovare nuove riserve d’acqua, la siccità aveva messo in ginocchio i raccolti. L’assenza d’acqua era il cruccio centrale di molte conversazioni. Rimase in me, dopo quei giorni, un sapore particolare, si affollavano in testa tutti gli indizi raccolti in quel luogo dai ritmi dettati dalla natura imponente e selvaggia così lontana dalla mia vita artificiale e quantitativa di cittadino pigro. Percepii la mia immaginazione come vivificata, presi coscienza di aver intrecciato un dialogo silenzioso con entità sconosciute fino a quel punto, mi sentivo parte di un equilibrio naturale verso le cose. Dapprima un po’ per scherzo, ci sorridevo, poi mi convinsi di essere permeato dal genio di Pianpicollo, in seguito tutti i miei pensieri furono avvolti da una misteriosa forma di magismo.

Maurizio Cilli, attraversamenti e cammini, 2018, matita e inkjet su carta Schoeller Parole millimetrata, 42 x 29.7 cm.

VII.
Tra febbraio e marzo rallentai per diverse settimane i miei soggiorni in Altalanga, presi parte con il mio lavoro “senza casa, senza cosa?” al Gran Bazar di 999, la mostra curata da Stefano Mirti alla Triennale di Milano. Portai un mio lavoro di riflessione doloroso e feroce sul significato del disagio estremo di chi deve condurre un’esistenza senza casa. Durante la mia residenza curata da BASE nel Palazzo della Triennale, ospitai ogni giorno artisti e contributi diversi, tra questi vennero a trovarmi e contribuirono al mio lavoro anche Alice Benessia e Caretto e Spagna. Fu un modo per continuare a mantenere vivo e presente, anche durante quel periodo, il nostro dialogo creativo con la natura, alla radice di ciò che è l’essere umano, in relazione con gli altri viventi e con la materia in ogni sua forma, cifra programmatica della relazione tra scienza e arte che Pianpicollo Selvatico intende promuovere.

VIII.
In mia assenza capitò una cosa straordinaria, Alice da tempo cercava una famiglia da ospitare che l’aiutasse stabilmente nei lavori agricoli: i frutteti, i campi, l’orto sinergico e la cura degli animali: in principio due asinelle, poi un cavallo (da pochi giorni anche due maialini e presto arriveranno pecore, galline e un gallo). piovvero a Pianpicollo, dal Brasile, dopo una rocambolesca serie di coincidenze, gli Zaparoli: Attilio, Maria Claudia e la loro adorabile figlia Fernandina. Fu un passaggio decisivo e ancora una volta magico, Alice finalmente ebbe la possibilità di confrontare, con due biologi competenti, le sue idee di azienda agricola basata sulla sinergia e sulla valorizzazione della biodiversità del sito. Prese forma un nuovo stato delle cose che coniugava la pratica agricola alle intenzioni di preservare il più possibile la dimensione selvatica del luogo. Dopo alcuni mesi arrivò anche la benedizione della pioggia e al mio ritorno percepii un nuovo stato di grazia.

IX.
Con la primavera nacque l’opportunità concreta di coinvolgere per la mia ricerca i quindici bambini in età pre-scolare della scuola dell’infanzia di Levice. Decisi di intraprendere con loro un percorso di gioco verso l’immaginario dell’uomo selvatico, conoscitore dei ritmi della natura, del tempo ciclico, portatore di conoscenze, di saperi che determinano umanità e saggezza poiché di – svelano i segreti che sottendono ai cicli agricoli.

Decisi che con quei bambini, bevendo educatamente tè immaginario, avrei potuto liberare il mio sguardo corrotto e avvicinare la purezza di ciò che cercavo: la dimensione selvatica del bosco e le sue creature più misteriose.

Ho mostrato e discusso con i bambini della natura e dei comportamenti delle specie animali più comuni che vivono nei boschi. Nulla come discutere con un bambino del bosco può avvicinarci e farci comprendere il mistero che appartiene alla realtà naturale e animale. I bambini molto piccoli vivono in una beata ‘età dell’oro’, fatta di gioco e di pensieri lievi. Consegnai a ciascuno di loro un piccolo quaderno segreto.
Forse il loro primo segreto.

Uno dei piccoli quaderni donati ai bambini

Un modo per fermare e registrare nei loro sguardi, nelle loro parole, le testimonianze di ciò che la loro immaginazione potenziata rende visibile: esseri estranei, liminari, metamorfici, subumani, mostruosi, sciamanici e demonici; silenti perché incapaci di parlare, di comunicare, di dire di sé, eppure metaforici, poiché in termini metaforici pensano. Esseri imparentati col nulla, dal quale provengono, e con il prima.

Il sistema nervoso dei bambini è particolarmente ricettivo nei confronti dell’ambiente esterno e vi entra in sintonia fino al punto di immergersi nella sua fluidità; fino ad arrivare a cogliere di esso, della realtà circostante, sin dentro le cose, intrecciando logica e fantastica, ciò che il mondo adulto non vede, nonostante in quel ‘magma’ risiedano, i fondamenti dell’essere uomini.

Nei loro quaderni segreti ritrovai poche parole scritte e molti disegni, alcuni dei quali indecifrabili. Dal loro modo di giocare nelle pozzanghere e disegnare creature ho raccolto un atlante di suggestioni, i segni del mio lavoro.

La consegna dei quaderni

X.
Alice un mattino di maggio mi telefonò: “ti andrebbe di progettare un pollaio?” mi parlò della sua intenzione di costruire un pollaio d’artista, “ Ti devo presentare il Prof. Achille Schiavone, mi ha proposto di ospitare una trentina di esemplari di galline di razza Bionda Piemontese e Bianca di Saluzzo protette da un progetto dell’Università di Torino”. L’idea per quanto bizzarra mi piacque subito, Pianpicollo aveva risvegliato in me un agricoltore sopito.

XI.
Mi interrogai a lungo sul significato profondo di ciò che stava capitando. Quel magismo e quel legame ancestrale con le forme della materia e dei viventi verso il quale mi approssimavo si manifestò ancora nel ricordo di quelle pietre liberate. Come esito felice dei miei zonzi nei boschi intorno all’altopiano cominciai a cercare la mia Pietra, un grande masso straordinario con il quale entrare in relazione diretta e lavorare. Verso la fine di maggio Alice mi segnalò di aver visto vicino alla casa dei Negro una pietra che avrebbe potuto andar bene. Combinammo di andare insieme a vederla, fu sufficiente una prima occhiata, era lei che cercavo. Scoprì che fu trovata da Gepino, il padre di Franco. Grazie alla consolidata fiducia conquistata nel tempo da Alice con il suo lavoro di rinascita di Pianpicollo, anche se non fu semplice, trovammo gli argomenti giusti per convincere Franco a donarcela. Si trattava di una delle pietre più straordinarie ritrovate nella valle ai piedi dell’altopiano. Un grande masso di pietra di Langa dalla forma di un disco panciuto sulla quale decisi in seguito di scolpire e incidere i tracciati e i segni di una mappa che intreccia la geografia del sito con gli astri del cielo e il mondo invisibile. Uno strumento per orientare nello spazio e nel tempo non solo il corpo e la coscienza di chi vi si avvicina, ma anche il suo mondo interiore e la sua memoria ancestrale sopita.

Maurizio Cilli, “la Pietra del Tuono” dettaglio della lavorazione, 2018

XII.
Poserò la “Pietra del tuono”, così ho deciso di chiamarla, al “Brich delle Forche” esattamente nel punto dove capii da che parte guardare verso il mare, il punto preciso nel quale riprogrammai un anno prima la mia capacità di orientarmi a Pianpicollo. Si dirà: “andiamo alla Pietra”. Nel giorno di San Michele Arcangelo, il 29 settembre prossimo, dodici mesi esatti dall’inizio della mia residenza, attraverso un rituale preciso, da me scritto, poserò e donerò per reciprocità il mio lavoro alla comunità. Il pubblico parteciperà a una processione campestre, durante la quale incontrerà i quadri viventi di un corteo sorprendente di presenze misteriose e metamorfiche provenienti dal bosco. La processione, una volta giunta al luogo della Pietra, farà da cornice alla fase conclusiva del rituale di posa durante il quale leggerò la formula del dono.

Un consiglio, indossate scarpe comode.


Intendo ringraziare la generosità di Alice Benessia, Raffaella Spagna e Andrea Caretto senza i quali questo lavoro non sarebbe stato possibile. Per lo straordinario contributo di Melina Benedetto e per la loro collaborazione Valentina Turrini e Camilla dall’Agnola. Il mio debito va anche alle ripetute conversazioni e preziose letture condivise negli ultimi mesi con Giulia Nomis.

Per i loro testi, gli scrittori Paul Kane (USA) e Kerry Conway (Australia) che hanno abitato in residenza a Pianpicollo nel mese di Giugno 2018. L’incontro illuminante con i bambini della Scuola per l’ Infanzia di Levice è stato possibile grazie al gentile entusiasmo e curiosità delle maestre Francesca Boffano e Paola Giacomazza e delle loro collaboratrici Carla Taretto e Alessandra Cavallo.

Ringrazio di cuore inoltre: la famiglia Negro, la famiglia Zaparoli, Elia Zanellato, Giulio Rial, Lee, Maurizio Mozzi, Donatella Murtas, Daniela Bosia, Nora, Livio, Verena e Mario.

L’oro di Pianpicollo portfolio, qui

Il progetto è sostenuto grazie al contributo della Regione Piemonte e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo nell’ambito del programma sulle residenze d’artista.

Immagine di copertina: Maurizio Cilli, Il sogno dei caprioli