I Furiosi Reloaded, dal testo di Balestrini una performance di Fabrizio Parenti

Continuano gli appuntamenti del festival romano Alla fine della città, un progetto di Ti con Zero promosso da Roma Culture e vincitore dell’Avviso Pubblico Contemporaneamente Roma 2020 – 2021 2022.

Questa volta la rassegna si sposta nell’Istituto Penale di Casal del Marmo, dove andrà in scena, oggi alle 16, I Furiosi Reloaded, per la regia di Fabrizio Parenti, tratto dall’omonimo romanzo di Nanni Balestrini. 

La storia muove da un fatto di cronaca realmente accaduto, il furto di uno striscione dei tifosi cagliaritani, i Furiosi per l’appunto, da parte dei tifosi del Milan, dal quale si scatena una guerra che racconta tutto ciò che è la condizione complessiva degli ultras.

La curva di uno stadio di calcio significa tifo, passione, appartenenza, prevede codici di linguaggio vocale e gestuale e si fonda su istinti, bisogni, predisposizioni a ingaggiare una battaglia nel nome della propria squadra. Lo spettacolo, andato in scena per la prima volta nel 2016 e riscritto per l’occasione, è un viaggio nei segreti della curva, fra cavalieri erranti, con animi ribelli e spiriti guerrieri. 

Il mondo raccontato da Balestrini è quello degli ultras degli anni Ottanta, in cui la politica si mescolava molto con il calcio, e la fede, e il senso di appartenenza non riguardavano mai un solo ambito di azione. Finita la stagione delle lotte politiche, molti di questi personaggi si sono ritrovati sradicati, senza una bandiera ideologica e lo stadio è rimasto l’ultimo baluardo di identità e appartenenza, l’ultimo luogo deputato a scariche di adrenalina, più o meno giustificabili, in una società sempre più anestetizzata. 

La performance di Fabrizio Parenti, che sul palco sarà accompagnato dal musicista Marco Della Rocca, parlerà ai giovanissimi ospiti dell’Istituto penale di Casal del Marmo, raccontando quel mondo ancora oggi molto controverso, in cui è possibile trovare violenza, esuberanza ma anche una genuina, indistruttibile solidarietà. 

Nanni Balestrini, I furiosi, prima edizione Bompiani 1994

I furiosi nasce da un testo di Nanni Balestrini del 1994, portato in scena nel 2016, con un tuo adattamento. Come e perché sei tornato su questo testo? Ci saranno delle novità? 

Per me I Furiosi è un romanzo incredibile; lessi il libro quando uscì e diventò subito un testo per me fondamentale. Per anni ho provato a portarlo a teatro, fino a quando non ci sono riuscito. Poi venne la conoscenza e l’amicizia con Nanni Balestrini, una persona che mi manca ogni giorno di più, un intellettuale e ancor prima un uomo straordinario. Per me questo spettacolo  è stato e continua ad essere un omaggio a Nanni. Un esempio incredibile di parlato che diventa lingua scritta, portando con sé tutte le strutture semantiche del parlato e facendole diventare letteratura. 

Quando Fernanda Pessolano e Maria Morhart mi hanno invitato al Festival, spiegandomi il luogo in cui mi sarei esibito, ho subito pensato di curare una versione diversa rispetto alla precedente. Prima in scena eravamo in quattro, questa volta saremo solo io e il batterista e percussionista Marco Della Rocca. Ho voluto lavorare su un aspetto più performativo del testo. Più che un vero spettacolo ho voluto ricreare una performance in cui voce e musica vanno a sovrapporsi.

Una novità, sicuramente non di poco, è che lo spettacolo andrà in scena nell’Istituto penale di Casal del Marmo.

Non è la prima volta che curo un progetto all’interno di un istituto penale. Anni fa curai un seminario di due anni a Rebibbia. Fare spettacolo in un carcere è sempre un’esperienza particolare, entrare in un carcere è un’esperienza unica, straniante e allo stesso tempo arricchente. Parliamo di un luogo che porta in sé l’ombra del definitivo. In questo caso il nostro pubblico sarà di giovanissimi: trattandosi di un istituto penitenziario minorile, l’età massima è di vent’anni. 

Il tuo spettacolo racconta un mondo antichissimo, quello degli ultras. Secondo te quel mondo è cambiato o certi codici sono rimasti immutati nel tempo?

Gli ultras sono i portatori di un ultimo stato di radicalità che non esiste più nella società. L’unica cosa che rimane è la bandiera della propria squadra, un simbolo per poter sfogare la propria opposizione al mondo. I personaggi del romanzo sono tutti reali. Balestrini, che non aveva mai visto un solo minuto di una partita di calcio, ha conosciuto i personaggi che facevano parte delle brigate rossonere al centro sociale dove avevano sede e dove andavano a bere. Ascoltando i loro discorsi ha esplorato e poi raccontato quel mondo. La cosa più interessante, direi proprio più letteraria, è che questi uomini parlavano delle trasferte come se stessero raccontando l’Iliade. 

Ho lavorato sul testo da portare in scena in questa replica: nelle pagine che ho scelto si parla di ragazzi che entrano ed escono dal carcere minorile Beccaria di Milano, vite complicate ma con un elevato grado di poesia. 

Il mondo che racconti ne I Furiosi è un universo in cui trova spazio soprattutto il concetto di appartenenza. Cos’è l’appartenenza oggi, secondo te? 

Oggi sembra esserci una difficoltà diffusa nel sentire l’apparenza a qualcosa, a volte anche a qualcuno. Secondo me c’è un problema con il concetto di comunità. Il romanzo è del 1994 e l’idea di tifo di cui parla appartiene molto all’epoca degli anni Ottanta. In questo momento, personalmente fatico a trovare un’apparenza a qualcosa, avverto un forte senso di disintegrazione ideologica che spesso si risolve in spot semplicistici. Per qualcuno oggi appartenenza potrebbe consistere nella classificazione tra chi ha fatto il vaccino e chi no, ad esempio. Credo che ci sono delle cose entro le quali bisognerebbe schierarsi in maniera più netta. 

Chi sono i furiosi oggi? 

Tralascerei quelli che continuano a suonarsele fuori dagli stadi, che comunque hanno la loro funzione di disperata visibilità per qualcosa che non esiste più di fatto. Bisogna vedere come andranno a finire diverse cose che stanno accadendo, ad esempio, rispetto al cambiamento climatico. Io penso che un tema di questa portata possa scatenare molta furia e non in senso positivo. Ci sarà un’accelerazione, uno scontro deciso tra chi vuole fermare questa situazione e chi non vuole farlo. Questo potrebbe diventare un campo di grande lotta politica nel futuro e lì immagino un certo grado di furia, anche da parte delle giovani generazioni alle quali stiamo consegnando un mondo   non proprio bello.