Il fenomeno del ‘turismo residenziale’ cambia la vita di chi parte e di chi accoglie

All’interno dei discorsi sulla produzione di spazi transnazionali quello di «turismo residenziale» è un concetto utilizzato dalla fine degli anni settanta (Jurdao 1979) per analizzare più che altro i caratteri spaziali dei processi di urbanizzazione legati alla costruzione di seconde case per vacanze, soprattutto in contesti balneari.

Negli ultimi anni, tuttavia, questo concetto è stato riferito a un articolato insieme di processi, movimenti migratori volontari e riterritorializzazioni prodotti da una varietà di diversi soggetti (espatriati, nomadi globali, counter-culture dropouts, professionisti, turisti del fine settimana e pensionati), così come il tipo di esperienze immaginate e cercate: stili di vita bohémienne, idillio rurale, set esclusivi o più semplicemente ricerca di un tranquillo «posto al sole».

Pubblichiamo un estratto dal saggio Abitare la differenza (Donzelli) di Antonio di Campli

Ciò che tiene insieme questi differenti soggetti è la ricerca di diversi spazi e stili di vita mettendo in atto molteplici tattiche e forme dell’abitare perseguite secondo strategie che possono essere individualistiche (Janoschka – Haas 2013), comunitarie o come ibrido tra queste. in questo processo dove due forme di mobilità tradizionalmente viste come distinte, quella legata al turismo e quella legata ai movimenti migratori, s’intrecciano, la figura del migrante si sovrappone a quella del turista.

Il turismo residenziale si presenta come concetto ambiguo in quanto definito dall’accoppiamento di due termini tra loro in contrapposizione. Il primo, connesso alla temporaneità, il secondo espressione di stabilità.

Tuttavia è proprio questa incertezza semantica che permette di evidenziare i caratteri di quelle tensioni che appaiono in alcuni specifici contesti sociali in cui sovrappongono forme di mobilità orbitali tra più contesti, speculazioni economiche di breve periodo e la manifestazione di strategie dell’abitare che hanno a che fare con i progetti di auto-realizzazione e di ricerca della «buona vita».

Nei territori andini ecuadoriani, il turismo residenziale è un fenomeno che si manifesta dai primi anni duemila, innescato in buona parte dal pensionamento della cosiddetta generazione del Baby Boom negli Stati Uniti .

Nella migrazione dal Nord America verso le Ande si sovrappongono desideri legati a immaginari esotici e al perseguimento di maggiori poteri di acquisto

In particolare, la crisi economica iniziata nel 2007 ha reso difficile, per molti pensionati nordamericani, il mantenimento dei loro precedenti standard di vita ed evidenziato la necessità di definire nuove strategie utili a massimizzare i propri redditi di pensione.

L’insicurezza economica è da sempre uno dei principali elementi che innescano processi di emigrazione verso destinazioni dove si perseguono migliori standard di vita. In tal senso, nella migrazione dal Nord America verso le Ande si sovrappongono desideri legati a immaginari esotici e al perseguimento di maggiori poteri di acquisto.

Nelle Ande ecuadoriane, la velocità e la forza con cui si manifestano tali fenomeni negli ultimi anni non hanno finora corrisposto a un numero adeguato di ricerche che, in ogni caso, si sono concentrate prevalentemente sull’analisi dei cambiamenti nelle proprietà dei suoli o sui cosiddetti processi di descampesinización o desagrarización, termini che descrivono il declino dei processi di riproduzione degli spazi e società rurali tradizionali connesse a processi economici globali, tra cui il turismo residenziale.

Il turismo residenziale associato a migrazioni territori rurali è un fenomeno che può essere indagato mettendo insieme letture socio-economiche e analisi spaziali con l’obiettivo di definire specifici caratteri dei territori e ambienti investiti da tale fenomeno.

Nel caso di Vilcabamba, le relazioni e conflitti tra immaginari, spazi, ecologie e desideri hanno preso le forme di un complesso «progetto implicito», un «progetto-palinsesto» inteso come insieme di descrizioni territoriali, interpretazioni e azioni di trasformazione esercitato da una trama composta da turisti-migranti (Williams – Hall 2002), attivisti, eco-istituzioni, scuole, artigiani, intellettuali, artisti. Soggetti tra loro debolmente connessi, ma che producono azioni tra loro sostanzialmente coerenti.

A partire da queste considerazioni, tre sono le ipotesi principali che qui si sostengono. La prima è che, in particolari contesti rurali come quello dei dintorni di Vilcabamba, le pratiche dell’abitare e le economie connesse al turismo residenziale e all’innesco di fenomeni migratori, abbiano conferito a quei territori rurali caratteri di perifericità rispetto a distanti territori metropolitani.

Un processo di assorbimento e rifunzionalizzazione che tende a riconfigurarli come insiemi di luoghi specializzati, appunto come una periferia. Si tratta di «spazi annidati», configurazioni insediative che hanno di volta in volta caratteri di spazi introversi, d’interni protetti collocati entro «paesaggi colloidali» dove altri materiali urbani ed ecologie socio-ambientali, si tengono insieme.

I rapporti tra questi sistemi d’interni sono regolati da precisi dispositivi spaziali che, operando come soglie tra più ambienti, soggetti ed economie, ne permettono il funzionamento e la coabitazione.

La seconda ipotesi è che Vilcabamba e i suoi dintorni rurali possano essere visti nel loro complesso come una particolare «zona di contatto», un luogo segnato da conflitti e da confronti tra più poteri, e immaginari, dove interagiscono differenti tipologie di turisti, migranti e abitanti locali, così come differenti economie turistiche.

Le interazioni sociali ed economiche tra turisti residenziali e abitanti locali innescano nuovi processi di produzione e di predazione di simboli, linguaggi costruttivi e risorse economiche dei nuovi arrivati

In questo caso il riferimento è, da un lato, alle logiche e discorsi del cosiddetto extractive tourism (o «turismo estrattivo»), concetto che descrive quei processi di «estrazione» e di conversione dei caratteri locali e dell’essere indigeno in particolare, in valore di scambio. Dall’altro, alle forme del cosiddetto remittance urbanism (o «urbanistica delle rimesse»), espressione utilizzata per descrivere quei particolari processi di trasformazione spaziale innescati da soggetti ed economie «orbitali» che tengono insieme un paese d’origine e uno d’arrivo, caratterizzati da precisi immaginari e linguaggi.

L’ultima ipotesi è che le interazioni sociali ed economiche tra turisti residenziali e abitanti locali inneschino un complesso rapporto tra nuovi processi di produzione (agricola, artigianale, alimentare) e di predazione di simboli, linguaggi costruttivi e risorse economiche dei nuovi arrivati. Gli attori del primo processo sono i nuovi abitanti, i turisti residenziali, quelli del secondo sono soggetti e gruppi sociali locali.

Per sostenere tali ipotesi i concetti di extractive zone, di remittance urbanism e di predation, così come definiti rispettivamente dalle studiose di scienze sociali Macarena Gómez-Barris, Sarah Lynn Lopez e dall’antropologo eduardo Viveiros de Castro, sono resi operativi all’interno di forme di indagine di tipo spaziale.

Il risultato dell’indagine è duplice. Da un lato si presenta la rappresentazione dei modi con cui alcune pratiche di turismo residenziale si territorializzano, modificando il senso e il funzionamento degli spazi e delle economie rurali di Vilcabamba. Dall’altro si definiscono i contorni di un «pensiero spaziale» locale attraverso l’individuazione di alcuni, specifici, «oggetti spaziali» prodotti da tale pensiero.