Come evitare di farsi sfruttare dal relatore di tesi

Settimo e ultimo estratto dai saggi di Umberto Eco. Grazie alla collaborazione con La Nave di Teseo, cheFare ha proposto alcuni pezzi che ci aiutano non solo a ricordare e a riscoprire l’efficacia e la duttilità di un pensiero sempre vigile e che oggi è più che mai necessario riprendere in mano. Qui il primo estratto, qui il secondo, qui il terzo, qui il quarto, qui il quinto, qui il sesto. Qui la presentazione di Claudio Paolucci.

La nave di Teseo, Umberto Eco

In collaborazione con La Nave di Teseo

Talora lo studente sceglie un argomento in base ai propri interessi. Talora invece riceve il suggerimento dal professore a cui chiede la tesi.  Nel suggerire argomenti i professori possono seguire due diversi criteri: indicare un argomento che essi conoscono benissimo e su cui potranno facilmente seguire l’allievo, o indicare un argomento che essi non conoscono abbastanza e su cui vorrebbero sapere di più.

Sia chiaro che, contrariamente alla prima apparenza, questo secondo criterio è il più onesto e generoso. Il docente ritiene che seguendo quella tesi egli stesso sarà portato ad allargare i propri orizzonti perché se vorrà ben giudicare il candidato, e aiutarlo durante il lavoro, dovrà occuparsi di qualche cosa di nuovo. Di solito quando il docente sceglie questa seconda via è perché si da del candidato. E di solito gli dice esplicitamente che l’argomento è nuovo anche per lui e che gli interessa approfondirlo. Ci sono anzi docenti che si rifiutano di dare una tesi su campi già troppo battuti, anche se la situazione attuale dell’università di massa contribuisce ormai a contemperare il rigore di molti e a inclinarli a una maggiore comprensione.

Ci sono però dei casi specifici in cui il docente sta facendo una ricerca di ampio respiro per cui ha bisogno di moltissimi dati e decide di usare i laureandi come membri di un lavoro di équipe. Egli cioè orienta per un dato numero di anni le tesi in una direzione specifica. Se è un economista interessato alla situazione dell’industria in un dato periodo, darà delle tesi concernenti settori particolari, nell’intento di stabilire un quadro completo della questione.

Ora questo criterio è non solo legittimo ma anche scienti camente utile: il lavoro di tesi contribuisce a una ricerca di più ampia portata nell’interesse collettivo. E la cosa è utile anche didatticamente, perché il candidato potrà avvalersi di consigli da parte di un docente molto informato sulla questione, e potrà usare come materiale di sfondo e di comparazione le tesi già elaborate da altri studenti su argomenti correlati e limitrofi. Se poi il candidato farà un buon lavoro può sperare in una pubblicazione almeno parziale dei suoi risultati, magari nell’ambito di un’opera collettiva.

Ci sono però alcuni inconvenienti possibili:

1)  Il docente è tutto preso dal proprio argomento e fa violenza al candidato il quale invece non ha alcun interesse in quella direzione. Lo studente diventa così un portatore d’acqua che raccoglie stancamente materiale che poi altri interpreteranno. Siccome la sua sarà stata una tesi modesta accadrà che poi il docente, nell’elaborare la ricerca definitiva, ne usi magari qualche parte pescando nel materiale raccolto, ma non citi affatto lo studente anche perché non gli 
si può attribuire nessuna idea precisa.

2)  Il docente è disonesto, fa lavorare gli studenti, li laurea, e 
quindi usa spregiudicatamente il loro lavoro come se fosse il suo. Talora si tratta di disonestà quasi in buona fede: il docente ha seguito la tesi con passione, ha suggerito molte idee, e dopo un certo tempo non distingue più le idee che aveva suggerito lui da quelle apportate dallo studente, così come dopo una appassionata discussione collettiva su un certo argomento noi non siamo più in grado di ricordare quali erano le idee con cui eravamo partiti e quali sono quelle che abbiamo acquisito per stimolo altrui.

tesi

Estratto da: Umberto Eco, Come si fa una tesi di laurea (La Nave di Teseo)

Come si evitano questi inconvenienti? Lo studente, nell’avvicinare un certo docente, avrà già sentito parlare di lui dai suoi amici, avrà contattato dei laureati precedenti, e si sarà fatto una idea circa la sua correttezza. Avrà letto dei suoi libri e avrà visto se egli cita frequentemente i propri collaboratori o no. Per il resto giocano fattori imponderabili di stima e di fiducia.

Anche perché non bisogna cadere nell’atteggiamento nevrotico di segno opposto e ritenersi plagiati ogni qual volta qualcuno parlerà di argomenti affini a quelli della propria tesi. Se voi avrete fatto una tesi – poniamo – sui rapporti tra darwinismo e lamarkismo vi sarete accorti, seguendo la letteratura critica, quanti altri hanno già parlato di quell’argomento e come vi siano tante idee comuni a tutti gli studiosi. E quindi non vi giudicherete dei geni defraudati se qualche tempo dopo il docente, un suo assistente o un vostro compagno si occupe- ranno dello stesso tema.

Per furto di lavoro scienti co si intende piuttosto l’utilizzazione di dati sperimentali che non potevano essere raccolti se non facendo quel dato esperimento; l’appropriazione della trascrizione di manoscritti rari che non erano mai stati trascrit- ti prima del vostro lavoro; l’utilizzazione di dati statistici che nessuno aveva raccolto prima di voi, e solo a patto che la fonte non sia citata (perché una volta che la tesi è resa pubblica ciascuno ha diritto di citarla); l’uso di traduzioni, fatte da voi, di testi che non erano mai stati tradotti prima o erano stati tra- dotti in modo diverso.

In ogni caso, senza elaborare sindromi paranoiche, consi- derate anche se nell’accettare un argomento di tesi vi inserite in un progetto collettivo o no, e valutate se ne vale la pena.


Immagine di copertina: ph. Dmitry Ratushny da Unsplash